L’Interporto che guarda a Est: Pordenone punta sul “ferroviario”

Una crescita continua della base logistica a cavallo dei principali distretti industriali del Nordest, sull’asse Treviso-Udine. Snodo ideale per coprire i mercati dell’Est e del Centro Nord Europa. Sinergie con i Porti di Venezia e Trieste. 12 milioni di investimento per i prossimi 3 anni per arrivare a 8-10 treni al giorno e 24.200 carri. Un elemento centrale per l’economia del Friuli Venezia Giulia

Più di trent’anni di storia che partono dall’esigenza di dare una risposta al mondo industriale legato al tessile ormai in declino, senza disperdere però il sapere maturato in questo settore, realizzando una zona dedicata alla logistica e una al commercio all’ingrosso di questo tipo merceologico. Così è nato l’Interporto di Pordenone, fondato all’inizio come centro di distribuzione ma che nel tempo ha mutato pelle, accostando agli elementi costituivi i più moderni asset legati allo scambio merci tra mezzi di trasporto diversi. Anche se partito successivamente ad analoghe strutture, dalla fondazione degli anni ’80 la crescita è stata continua, grazie a una politica mirata e a un gioco di squadra tra tutti i soggetti interessati. Nel tempo il suo nucleo centrale è stato implementato con la costruzione di nuove aree dedicate all’intermodalità e al trasporto, a cui si sono aggiunti altri servizi quali la presenza della dogana, l’officina e la Motorizzazione civile. Ora la mission di Interporto è diventata a tutti gli effetti quello di rappresentare un punto di snodo, un hub nell’area del Nordest verso l’Est e il Centronord Europa. I numeri parlano chiaro: una superficie complessiva di oltre 740mila metri quadrati, 65 aziende insediate che danno lavoro a oltre 550 persone e fatturano nel totale qualche centinaio di milioni di euro; senza dimenticare la distribuzione delle aree interne, tra i 30mila metri quadri destinati alla logistica, i 28mila per il commercio all’ingrosso, i 107mila riservati ai magazzini e i 100 mila per i terminal intermodali (dove avviene lo scambio merci) più i pannelli fotovoltaici che occupano da soli 14.500 metri quadri.

La collocazione dell’Interporto di Pordenone costituisce di per sé un vantaggio competitivo. «Siamo in mezzo ai distretti industriali di due regioni – spiega l’attuale presidente del centro intermodale Giuseppe Bortolussi – vicini a importanti collegamenti ferroviari e stradali come la Pontebbana . Peraltro, in un momento in cui sono stati chiusi in varie zone d’Italia alcuni scali ferroviari esistenti, Rfi ha creduto nel nostro progetto dandoci fiducia e strumenti per avviare a Pordenone uno scalo merci ferroviario con standard europei. Questo per noi significa investire qualcosa come 12 milioni di euro nei prossimi 3 anni per avere, a regime, 7 binari, di cui 3 elettrificati da 800 metri e 4 operativi da 750 metri e 700 metri. Le potenzialità saranno quindi di 8-10 treni/giorno e circa 24.200 carri. La piattaforma è progettata per i cosiddetti treni Ro-La (che possono cioè caricare motrici e rimorchi) mentre un fascio di binari è riservato per l’utilizzo della gru a portale. Tutto ciò farà diventare Pordenone un elemento centrale nell’economia non solo regionale, ma dell’intero Triveneto. E il bello che eravamo partiti più di tre anni fa, anticipando le ultime normative che di fatto favoriscono il trasporto a rotaia rispetto a quello su gomma». Quindi c’è la capacità di fare sistema con le istituzioni e il tessuto imprenditoriale. Altrettanto importanti sono gli sforzi compiuti nel corso degli ultimi anni per la sostenibilità ambientale; grazie alla copertura del centro logistico e dei parcheggi con i pannelli fotovoltaici, Interporto ha intrapreso la strada green, che ha prodotto un notevole risparmio energetico e ridotto le conseguenti emissioni.

Per il futuro si guarda sempre più a Est. «Nel 2013 abbiamo dato vita – aggiunge Bortolussi – al consorzio “Corridoio Italia-Serbia”, seguito da un accordo sottoscritto a Belgrado alla presenza dei vertici del Governo serbo e della Regione Friuli Venezia Giulia. Il nostro intento è quello di regolamentare il trasporto di merci su rotaia tra i due Paesi, tenendo conto del ruolo di cerniera che attraverso di noi può avere la regione. Ma ci siamo spinti ancora più avanti, aprendo nuove frontiere dei trasporti con altre zone dell’Est Europa quali Ungheria e Ucraina». Va ricordata inoltre la buona intesa con i porti di Trieste e di Venezia. «Ora cercheremo di trasformare queste vedute comuni in azioni concrete. Il commercio mondiale sta cambiando rotta; la grande movimentazione merci interessa sempre più le flotte navali ed il treno diventa l’anello di congiunzione tra i porti e la destinazione finale dei materiali trasportati».

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