Quando l’artigiano si fa “social” Ma si può ancora migliorare

Le potenzialità dei social network sono ancora poco esplorate dal mondo artigiano. Un po’ di più da chi fa artigiato d’arte. Casi e storie di chi ha cominciato ad usarli allargando la sua base di potenziali clienti

Quando si opera in nicchie di mercato si ha a che fare molto spesso con una clientela motivata ed esigente. A differenza dal passato il “cliente” non è più la persona che fisicamente si reca nella “bottega artigiana”, ma è sempre più spesso un cliente internazionale che sta ad Hong Kong piuttosto che a Shangai e che entra in contatto con le produzioni artigiane attraverso siti e social media. Lo hanno capito bene molti artigiani, specialmente quando si tratta di laboratori vocati a produzione di artigianato artistico o comunque di prodotti dal forte appeal internazionale. Ma un conto è avere un sito, magari solo in italiano e di pessima qualità, o una pagina Facebbok, un altro è sviluppare una vera e propria “strategia social” che prevede la possibilità di “raccontare” il prodotto, la sua storia, evocarne per immagini la sua unicità.

Lo hanno compreso bene alcuni dei laboratori artigiani del nostro territorio, le cui esperienza sembrano andare proprio in questa direzione.

Per “Il ricamificio” di Forni di Sopra (Ud), i vari Facebook, Twitter, Pinterest e soprattutto Instagram sono stati infatti una seconda vetrina che ha permesso di varcare ampiamente i confini locali e di stabilire relazioni anche con altre realtà imprenditoriali; questo per merito della seconda generazione, le tre figlie dei due fondatori che hanno fatto valere la propria dimestichezza nel web e i differenti percorsi di studio fatti. Presto si avvarranno anche di un blog, per raccontare la propria quotidianità.

Anche  Marisa Convento (Venetian Dreams), di professione “impiraressa”, cioè maestra nell’infilare perline di vetro per creare gioielli unici, i social sono tornati molto utili. Se da un lato la posizione del suo negozio vicino a Piazza San Marco e l’estrema particolarità della sua attività – che consiste nel creare oggetti con le conterie (piccole perline in vetro tipiche di Venezia) – le garantiscono una buona visibilità, il ricorso a Facebook e a Trip Advisor le consente un rapporto costante con i tanti clienti stranieri che l’hanno conosciuta e magari vogliono acquistare altri suoi manufatti.

Le potenzialità di internet le ha capite bene anche l’Atelier Marega, altro laboratorio veneziano doc a conduzione familiare, che crea maschere tipiche della città e costumi d’epoca del Settecento. Il gruppo di fratelli che gli ha dato il nome è stato tra i primi a far uso ad ampio raggio dell’e-commerce, sempre in funzione dei tanti acquirenti stranieri che s’interessano della loro merce oltre che per organizzare più agevolmente eventi dedicati agli appassionati. Gente quest’ultima che nulla ha a che fare con il turismo di massa, che non si accontenta cioè di semplici souvenir usa e getta ma seleziona il manufatto di pregio, e che l’atelier intende pertanto tenere in considerazione. Anche a distanza.

E così pure Federica Casanova, che con l’omonima ditta individuale con sede a Verona elabora mosaici artistici di massimo livello. Anche in questo caso l’esposizione delle proprie creazioni nelle bacheche virtuali offre un grande supporto, per lei che è prossima a rinnovare il sito e ad aggiungervi funzionalità di e-commerce; senza dimenticare che grazie ai social riesce più facilmente a organizzare workshop e seminari. In aggiunta alle recensioni positive di Trip Advisor e alla presenza nel portale dedicato all’artigianato artistico Italian Stories, fonti di pubblicità gratuita come ammette in più occasioni la titolare stessa.

Come si evince da questi casi in ogni caso virtuosi, la strada per sfruttare al massimo le potenzialità dei social è ancora lunga. E questo a fronte di una domanda di “made in italy” che i grandi motori di ricerca registrano quotidianamente. Di sicuro sarà necessario rafforzare la formazione o, come sembrano raccontare le storie che abbiamo raccolto, fare in modo che le nuove generazioni “artigiane” contribuiscano ad imprimere la svolta.

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